Senza Giustizia Sociale non si può parlare di amor di patria

La classe dirigenziale (economica, politica, sociale) del nostro paese ha tradito i valori di Giustizia Sociale, per perseguire la strada del capitalismo, contrario a quello che avrebbero voluto gli artefici del nostro scritto costituzionale. Il terzo articolo della legge fondamentale dello Stato Italiano regola l’uguaglianza tra i ceti sociali. Una cosa per la quali hanno combattuto i nostri padri. Hanno donato la loro vita alla nascita della Repubblica Democratica Italiana, consapevoli che decine di migliaia di loro non avrebbero visto la rinascita della libertà, con la speranza che i loro sacrifici servissero alla causa di lasciare alle nuove generazioni la possibilità di godere una vita migliore di quella che essi non poterono né vedere né godere.

Oggi purtroppo ciò non avviene. Questa nostra classe dirigente è senza idee, incapace e incosciente. Si lascia manovrare dai poteri forti del capitalismo nazionale e internazionale, che trascina le nuove generazioni alla dipendenza della classe sociale benestante come avveniva nell’800. I giovani che desiderano un degno futuro, devono prendere coscienza della reale situazione in cui si trova oggi la società.

A mio avviso, ci stiamo dirigendo verso una deriva sociale, simile a quelle dei secoli precedenti. Una società quindi divisa da reggimi di classi sociali diversificate: quelli della alta borghesia, quella media e quelli costretti a vivere in povertà e a servizio umiliate di schiavitù umana. Esistono degli obblighi sanciti dal dettato costituzionale che la classe dirigente non esegue, creando malcontento.

Non è però solo un malcontento politico o economico. Si vede sempre più nella quotidianità un’assenza di valori che porta a una maggiore differenziazione di classi sociali. Violenze di genere, di cultura e di religione sono una conseguenza dell’assenza di qualcosa di molto importante: la giustizia sociale, di cui ho accennato prima. Si legge di manager pubblici con stipendi milionari, la classe politica che, invece di pensare a far ripartire il paese, discute su chi ha sbagliato di più. Al tempo stesso però vediamo sempre più poveri per strada, anziani che cercano cibo nella spazzatura, giovani che scendono a più assurdi compromessi pur di lavorare; violenza nella strade e negli eventi pubblici. Genitori uccisi dai figli, paesi interi lasciati da soli dopo le calamità naturali.

La Nazione ormai è disincantata. Non crede a niente. Non c’è un sogno, un progetto di futuro che spinge le persone a migliorare il paese e se stessi. Le nuove generazioni sono troppo dipendenti dalla tecnologia, che li ha disabituati al contatto umano. Le altre generazioni sono sotto ricatto per il lavoro. C’è bisogno di esempi. C’è bisogno di figure responsabili e irreprensibili. Bisogna staccarsi dall’importanza primaria  della Finanza e ritornare ad occuparsi delle classi sociali. Ritornare a parlare di cultura, ripensare alle infrastrutture e, soprattutto, trovare una vera e autentica politica risolutrice sul tema del lavoro.

Occorre far tornare i cittadini in primo piano!

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