Perché nessuno indagò sui fatti denunciati da Craxi al processo Enimont?

L’ex Presidente del Consiglio Bettino Craxi, durante la sua deposizione volontaria, al processo Enimont, denuncia a chiare lettere i finanziamenti illeciti che ricevevano il PCI e tutti gli altri partiti. Denuncia chiaramente il sistema di tangenti che c’era alla base dell’intreccio politico imprenditoriale e i falsi bilanci che tutti i partiti presentavano al parlamento senza che nessuno li supervisionasse, compito che spettava alla presidenza della Camera e del Senato. Craxi segnala alla corte anche dove andare ad indagare ma nessuno fa seguire tali denunce. Perché? Vi era una volontà ben precisa?

Esplicitamente l’Onorevole Craxi, il 17 Dicembre 1993, pronuncia sotto giuramento tali parole: « Sono sempre stato al corrente della natura non regolare dei finanziamenti ai partiti e al mio partito. L’ho cominciato a capire da quando portavo i pantaloni alla zuava […] In Italia il sistema di finanziamento ai partiti e alle attività politiche in generale contiene delle irregolarità e delle illegalità, io credo, a partire dall’inizio della storia repubblicana. Questo è un capitolo, che possiamo anche definire oscuro della storia della democrazia repubblicana, ma da decenni il sistema politico aveva una parte, non tutto, una parte del suo finanziamento, che era di natura irregolare o illegale; e non lo vedeva solo chi non lo voleva vedere e non ne era consapevole solo chi girava la testa dall’altra parte. I partiti erano tenuti ad avere dei bilanci in parlamento, i bilanci erano sistematicamente dei bilanci falsi, tutti lo sapevano, ivi compreso coloro i quali avrebbero dovuto esercitare funzioni di controllo […]».

A seguito di tali dichiarazioni qualsiasi corte avrebbe autorizzato a proseguire le indagini per verificare la veridicità di tali dichiarazioni, anche perché a denunciarlo è un ex Presidente del Consiglio, fonte rilevante, e la magistratura aveva il dovere di garantire la legalità dello Stato. Invece i magistrati in tale occasione sembra che facciano le “orecchie da mercante” e proseguono dritti, a questo punto in modo dubbio, a fare chiarezza sulle tangenti tra mondo imprenditoriale e mondo politico nel processo Enimont.

processo craxiContinuando a rispondere alle domande del Pubblico Ministero Di Pietro, l’On. Craxi continua invitando esplicitamente la corte ad indagare sul denaro speso dai partiti e dai singoli candidati durante le campagne elettorali. A tale invito nessun seguito e la storia la conosciamo tutti. Il Presidente della UILS Antonino Gasparo afferma a chiare lettere che “Craxi fu il capro espiatorio di un sistema di tangenti che tutti utilizzavano e tutt’ora vige. A nostro parere, a più di venti anni dal processo, dobbiamo finalmente fare chiarezza.

Perché i giudici non proseguirono le indagini nella direzione denunciata dall’ex Presidente del Consiglio? Perché la storia ha condannato solo la figura di Craxi come tangentista? Aveva forse dato fastidio ai poteri forti durante la sua attività parlamentare? Il caso Sigonella aveva forse decretato, per gli americani, la fine della sua carriera politica e dunque doveva essere fatto fuori dalla politica italiana, come scrive sua moglie? Sicuramente la risposta a tutte queste domande è sì. Craxi si muoveva troppo liberamente, in Italia come nel mediterraneo e nei paesi arabi, dunque per le politiche degli Stati Uniti era un personaggio fuori controllo”.

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